Elezioni Europee

Di Lucio Bergamaschi

Le prossime elezioni europee sono state presentate come una specie di resa dei conti tra elites e popolo, tra sovranisti e globalisti. Quella che rischia di andarci di mezzo solo in parte incolpevolmente è proprio l’Europa. Perché dico solo in parte? Perché in questa riscossa mondiale dei “senza potere” come li avrebbe definiti il dissidente ceco Vaclav Havel, una riscossa iniziata nel giugno 2016 con il referendum per la Brexit, proseguita nell’autunno con la strabiliante vittoria di Donald Trump e consacrata nel 2018 con il ribaltone elettorale italiano e l’emergere dei gilet gialli in Francia una certa responsabilità ce l’hanno anche le istituzioni europee. Lente, farraginose, burocratiche, lontane dalla gente non solo geograficamente sono riuscite nell’impresa di disamorare dall’ideale europeo perfino gli italiani che fino a pochi anni fa erano al 95% europeisti convinti. Tutta colpa di un improbabile Juncker, di un parlamento che si occupa di curvatura delle banane, di norme e vincoli che la gente non capisce e che vive male? Evidentemente c‘è dell’altro.

 

La gente chiede istituzioni politiche più vicine al proprio backyard, più sensibili ai problemi spiccioli, più controllabili, meno costose. E’ preoccupata per la perdita del proprio potere d’acquisto, per la difficoltà di trovare un lavoro dignitoso ai figli, per la riduzione delle prospettive di crescita di un continente sempre più vecchio e stanco rispetto a paesi emergenti pieni di giovani, aggressivi, invadenti. A tutto ciò si aggiunge una crisi demografica senza precedenti e la conseguente necessità di rimpiazzare il personale mancante con mano d’opera straniera anche in settori strategici come la sanità. E’ naturale che la gente in difficoltà veda nel protezionismo e nella chiusura delle frontiere una soluzione probabilmente illusoria per garantire l’attuale livello di benessere. Ma sulla bandiera blu con 12 stelle si gioca una partita ancor più ampia perché su questo disagio interno si innestano le pressioni esterne: i nostri competitor (cina Usa e Russia) farebbero carte false per indebolire l’Unione e trattare con i singoli stati come ha confermato la recente visita del premier cinese Xi. I nemici della UE sono tanti.

 

In questo quadro a dir poco preoccupante il 26 maggio andremo a votare. Coloro che si riconoscono pienamente nella svolta sovranista e antieuropea non avranno difficoltà ad indirizzarsi verso i tre partiti (Lega, Fratelli d’Italia e Cinque Stelle) che a vario titolo si sono intestati questa linea politica. Più complessa la scelta di chi ritiene l’Europa ancora un valore (pur da riformare) e in particolare dei cattolici. Sembra ormai certo salvo sorprese dell’ultima ora che sulla scheda gli elettori non troveranno nessun partito che si rifà esplicitamente alla Dottrina Sociale della Chiesa e sarebbe la prima volta dal 1948. In passato la scelta dei cattolici si è prevalentemente indirizzata sul Partito Popolare Europeo al quale in Italia è affiliata Forza Italia. Sarà capace Berlusconi dalle nove vite di intercettare ancora una volta il voto cattolico magari grazie all’apertura delle liste a candidati di area centrista e popolare o invece anche i cattolici si orienteranno sulla tendenza sovranista? Oppure opteranno per un voto più in linea con le istanze sociali e di solidarietà e quindi inevitabilmente nell’area PD?

 

Lo scopriremo il 27 maggio nelle urne. Buon voto!

 

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