MAI PIU’ LA GUERRA! UN GRIDO CHE CI RIGUARDA?

In Siria, in base ai dati ONU, dall’inizio della guerra si contano: 110.000 morti, 100.000 feriti, 170.000 arrestati, 70.000 scomparsi, 3.000 scuole danneggiate, 390.000 abitazioni distrutte, 37% ospedali demoliti.

Questi alcuni dei dati che sono stati forniti da Alberto Minoia, responsabile del Settore Internazionale Area Medio Oriente Nord Africa di Caritas Ambrosiana, Giovedì 26 settembre nel corso della Festa della Gente, Festa delle Genti della parrocchia Santo Spirito di Milano.

L’intento era quello, dopo la giornata di preghiera e digiuno per la pace voluta da papa Francesco, di riprendere e approfondire cosa sta succedendo in Siria e in Medio Oriente e come dobbiamo porci, cosa possiamo fare come cattolici di fronte a questi fatti tremendi.

Innanzitutto, Alberto Minoia ci ha richiamato all’importanza di ricercare una corretta informazione. Spesso, infatti, le notizie che ci arrivano sono scarsissime (poco spazio riservato dagli organi di stampa) e soprattutto non sono dirette, ma sono filtrate. Queste vicende drammatiche di cui sentiamo parlare non sono astratte, ma sono “fatte” di persone: in Libano ci sono più di 600.000 profughi provenienti dalla Siria – secondo le fonti ONU – un milione secondo le fonti delle ONG (organizzazioni non governative): è il secondo campo più grande al mondo dopo quello del Kenya. A morire sono soprattutto le persone comuni. Le statistiche ci dicono che dal Vietnam in poi, nelle cosiddette guerre moderne, l’80% delle vittime sono civili.

Perciò la prima cosa che ci accomuna a queste persone è che sono esseri umani, spesso bambini.

La seconda cosa che ci accomuna è la presenza storica della chiesa cristiana e delle sue radici, dai tempi di San Paolo: anche la Siria è Terra Santa.

L’Italia è storicamente legata alla Siria anche per motivi economici, commerciali: fino al 2011 l’Italia era il primo partner commerciale europeo della Siria.

Quali le cause della guerra? La prima scintilla della crisi, che poi purtroppo è sfociata in un conflitto, sono state le proteste pacifiche contro il carovita. Proteste legittime, di una vita migliore, sulla scia della cosiddetta primavera araba che accomuna la Siria a Tunisia, Egitto, ecc.

Purtroppo, però, l’esercito è intervenuto pesantemente per reprimere le proteste e da lì è iniziata un’escalation che ha portato ad un conflitto in tutto il paese.

Una vera e propria “balcanizzazione” che ha fatto implodere la nazione. La cosiddetta comunità internazionale è spaccata, divisa, la stessa Europa non riesce ad avere una linea comune. Gli interessi dichiarabili e non delle singole nazioni più o meno potenti prevalgono su tutto e tutti. A parole tutti sembrano d’accordo perché si riesca ad imporre la pace ma le strade sono molte e diverse per arrivare a questo ambito traguardo, e così anche la “possibile” conferenza di Ginevra 2 sembra un miraggio, forse una foglia di fico, dietro cui nascondere le omissioni di ciascuno e tacere gli interessi reali, non dichiarabili.

La guerra in Siria, meglio nel territorio della Siria, è diventato il campo di battaglia per più guerre che si combattono su più fronti: terrestri, culturali, ideologici, confessionali. C’è quella tra le diverse componenti islamiche, Sunniti e Sciiti, che poi si riflette in tutto il Medio e Grande Oriente. C’è quella tra Iran e Israele, che passa anche attraverso un pezzo di Libano, c’è quella tra Iran e l’Arabia Saudita, Qatar, c’è infine quella guerra non dichiarata, che persegue interessi politici e strategici degli USA e alcuni dei suoi alleati, opposta a Russia, Cina e dintorni. Ormai la catastrofe umanitaria ha raggiunto numeri e livelli ingestibili per tutti i paesi confinanti che loro malgrado stanno accogliendo l’esodo continuo di alcuni milioni di siriani in fuga. Quando si riuscirà ad avere una tregua per poter aprire corridoi umanitari? Quando si riuscirà a creare un tavolo perché la ragione disarmata possa ritrovare quel filo fragile e quasi invisibile per un ipotetico confronto? Quando cominceremo ad armare gli animi e la coscienza perché anche dalle nostre parti si ricominci a parlare di pace contro questa guerra, tutte le guerre?

In conclusione, cosa possiamo fare noi? Sicuramente, come conseguenza di quanto è stato detto, fare la fatica di approfondire, capire di più cosa sta accadendo, andare in cerca delle storie degli uomini, delle donne e dei bambini vittime di questa guerra. E quindi sensibilizzare le persone che ci stanno accanto, i nostri ambienti di vita, i giovani, affinché tutti sentano che questa guerra li riguarda, li interpella e contro la quale dobbiamo far risuonare il grido che fu di Paolo VI: mai più la guerra! E che è stato ripreso fortemente da papa Francesco.

Molte altre cose sono state dette anche durante il dibattito che è seguito, ma abbiamo voluto riportare qui solo alcune suggestioni e rimandare per un ulteriore approfondimento al sito di Caritas Ambrosiana che da circa 10 anni è impegnata in Medio Oriente in diversi Paesi: Libano, Giordania, Siria, Palestina e che, dall’inizio della crisi siriana sta collaborando oltre che con Caritas Siria, con Caritas Libano e Caritas Giordania in diversi progetti a favore dei rifugiati siriani, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della popolazione: bambini, donne, anziani.

Infine, proprio mentre stiamo scrivendo questo pezzo, i siriani sono arrivati a Milano, in stazione centrale: a fine ottobre 90 persone, in particolare donne e bambini, sono state accolte presso il centro di via Novara, gestito da Cooperativa Farsi Prossimo di Caritas Ambrosiana. Sono persone sbarcate a Lampedusa che cercano inutilmente di andare verso il Nord Europa, ma le frontiere comunitarie si stanno chiudendo. Per ulteriori approfondimenti: www.caritasambrosiana.it/emergenze-nazionali/emergenza-siria