PER UNA CULTURA DELLA LEGALITA’

Normalmente, siamo portati a raffigurare il fenomeno mafioso come qualcosa che sia “altro” da noi, lontano fosse soltanto anche per localizzazione geografica. “La mafia non è certo sotto casa, la mafia è altrove”. Per un certo verso, questa considerazione è lecita, poiché non abbiamo rapporti diretti con la criminalità organizzata e nemmeno conosciamo chi li abbia.

Eppure tale prospettiva cambia se iniziamo a legare il concetto di “mafioso” non più soltanto alla criminalità organizzata, ma ad un certo tipo di cultura: un modo di pensare e una mentalità che subdolamente diventano atteggiamenti o veri e propri comportamenti che non sono fuori da noi, ma trovano spazio dentro il nostro essere, producendo, appunto,  “cultura”.

Ad esempio, un atteggiamento omertoso produce un certo tipo di cultura, così come cedere a determinati tipi di compromesso morale o favorire un certo tipo di clientelismo. La stessa indifferenza produce un certo tipo di cultura. Talvolta il confine appare sottile, ma non per questo privo di conseguenze, proprio sul piano culturale.

Pippo Fava giornalista siciliano ucciso dalla mafia affermava in una intervista che la mafia è qualcosa di genetico al popolo siciliano: di certo non voleva intendere che tutti i siciliani, o tutti gli italiani, siano dei mafiosi, ma che, per storia e tradizioni, esiste un certo modo di pensare che è già dentro di noi.

Allora, la lotta contro la mafia e l’illegalità più in generale non può essere fatta soltanto tramite un’opera di repressione, ma esige un’assunzione di consapevolezza personale. Come possiamo essere “contro” la criminalità organizzata se non siamo coscienti di quei comportamenti personali che possono generare una cultura illegale?

Tale consapevolezza fa sì che non solo diventiamo più coscienti dei problemi che riguardano la nostra Terra, ma impariamo a conoscere meglio noi stessi e ad usare degli strumenti nuovi anche per osservare la realtà e imparare a leggerla.

Il nostro essere contro l’illegalità non può ridursi ad un mero rispetto delle regole, fine a sé stesso: deve trasformarsi in qualcosa di positivo e capace di cambiare il nostro pensiero. Deve diventare una cultura per la legalità, generando nuovi sguardi capaci di leggere il mondo che ci circonda.

La stessa legalità, infatti, ridotta a mero rispetto delle regole, perde il suo valore, mentre invece è uno strumento fondamentale volto a perseguire il fine della giustizia e del bene comune, che mettono al centro non il rispetto della legge, che è uno strumento, ma il bene della persona.

Questa prospettiva richiede un allenamento continuo, della mente e del cuore: esige da noi stessi la capacità di essere persone consapevoli e curiose della realtà in cui viviamo, interessate alla vita dei nostri quartieri, alla storia del nostro Paese, capaci di osservare, cogliere e leggere la realtà che ci circonda.

E a proposito di realtà attorno a noi, uno dei fenomeni di cui solo recentemente si sta iniziando a parlare, è quello del gioco d’azzardo, legale e illegale: proliferano nei quartieri, sotto gli occhi di tutti, Bingo, videopoker, pokercash, casino games…

Questi luoghi costituiscono un’importante risorsa per le mafie, poiché utilizzati dalla criminalità organizzata come mezzo di riciclaggio. Spesso la criminalità organizzata impone con l’intimidazione l’utilizzo di macchine manomesse o, per riciclare denaro, compra dai giocatori i biglietti vincenti offrendo in cambio un sovrapprezzo del 10 o 15 % in più, o, ancora, si inserisce nel circuito legale del gioco d’azzardo.

Il dossier di Libera Azzardopoli 2012 spiega il meccanismo con cui avviene l’attività di riciclaggio: «Esibendo alle forze di polizia i tagliandi vincenti di giochi e lotterie possono infatti giustificare l´acquisto di beni e attività commerciali. Eludendo così i sequestri. Da un punto di vista strettamente giuridico l´escamotage è praticamente inattaccabile: nel caso di sequestri patrimoniali – e in particolare quelli fatti come misura di prevenzione, derivazione di norme antimafia allargate – l’accusa non ha l’onere della prova per dimostrare l´illecita accumulazione di capitali. Tocca invece alle difese dimostrare la liceità dei soldi esibendo le prove»

Oltre al riciclaggio, poi, la mafia si serve delle possibilità di reclutare potenziali perdenti che finiscono nelle morse dell’usura, dal momento che il gioco d’azzardo genera forme importanti di dipendenza.

Allora, proprio per assumere consapevolezza sul tema e conoscere ciò che accade attorno a noi, si segnala un’importante iniziativa costituita da SLOTMOB, ovvero un “flash mob” (una aggregazione di persone riunite in un luogo per inscenare uno spettacolo o proporre all’attenzione pubblica un tema particolare), che intende premiare i bar che hanno fatto la scelta –costosa- di togliere dai loro locali le macchinette slot machines.

SLOTMOB è iniziato a Biella il 27 settembre, è passato da Milano il 28 settembre e si ripetere in diverse città italiane. (Per tutte le informazioni si segnala il sito http://www.nexteconomia.org/slots-mob)

Tutti possiamo sentirci protagonisti per la nostra Terra, come antenne vive che colgono i segnali dei luoghi in viviamo, partendo da noi stessi, lì dove siamo, dai nostri quartieri, per muoverci nelle realtà locali, nella nostra famiglia, tra gli amici e fare opinione.

Come scrive Paolo Borsellino, “La lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.

per info Cantiere della legalità www.cantieredellalegalita.org