RIPARTIRE DALLE PERIFERIE

Pubblichiamo l’articolo dell’amico Walter Cherubini, coordinatore della Consulta per le Periferie a cui anche la nostra associazione e il nostro giornale sono legate.

Periferie all’ordine del giorno! “I buoi sono scappati, si chiude la stalla”, verrebbe da dire. E’ un po’ come il fiume Seveso: esonda da 40 anni e continua ad esondare. Qualcuno osserva: se a Niguarda ci fossero state le sedi di Comune di Milano, Fondazione Cariplo e Corriere della Sera, la soluzione sarebbe stata trovata e non ci sarebbero più allagamenti, da tempo! Ma tant’è. «Oggi bisogna salvare le periferie, i prossimi trent’anni devono essere destinati a trasformare le periferie in città, perché se non lo facciamo sarà la barbarie». Più chiaro di così non poteva essere l’appello che l’architetto e senatore a vita Renzo Piano ha rivolto anche a docenti e studenti del Politecnico di Milano in occasione della recente apertura dell’anno accademico. Ma la situazione è così grave, c’è davvero un pericolo “barbarie”? I gravi incidenti accaduti negli ultimi anni nelle periferie di altre metropoli europee, da Parigi a Londra a Stoccolma, sembravano non riguardare una città come la nostra Milano “con il cuore in mano”. Ma, quanto sta accadendo in numerosi quartieri popolari è ben oltre l’emergenza, segno evidente che Milano non è tutta uguale, che bisogna provvedere con modalità diverse, corrispondenti alle specifiche necessità. Altrimenti, le periferie diventano solo terreno di conquista e di “scorribande”. Area P – Come è stato fatto per l’Area C («C» come Centro), bisogna dedicare la stessa attenzione all’Area P («P» come Periferia), vista nel suo insieme, per i suoi aspetti problematici e propositivi. Le periferie sono ricche di energie e di capacità di proposta, di “cittadinanza attiva”, vero anticorpo alla disgregazione sociale, che non può essere abbandonata a se stessa, ma accompagnata da un solido sistema istituzionale cittadino, che invece è frammentato in una serie di competenze – spesso “autoreferenziali” – che non trovano una sintesi, che non sono un “sistema”. Tra l’altro, in ogni zona “periferica”, oltre a numerose associazioni, operano molteplici funzioni comunali. Ma non c’è una regia territoriale, con i Consigli di Zona che continuano a rimanere un’incompiuta. Me periferie dalle mille risorse saranno capaci di “fare sistema”? Oppure continueranno ad essere “luoghi sconosciuti, luoghi marginali e tenuti ai margini, in una Milano che è un operoso alveare, con tante celle che non comunicano tra di loro. Una Milano che non fa sistema”? (Indagine Ipsos). Nel 2009, dalle pagine del Corriere della Sera, venne lanciato il Manifesto per Milano. In proposito, Giuseppe Guzzetti, Presidente di Fondazione Cariplo, chiese di tenere conto delle periferie degradate: “Un piano per le periferie” titolò il Corriere. Siamo nel 2014: il Piano c’è? Qualcuno l’ha fatto? Qualcuno ha intenzione di farlo? Allora, non è forse il caso che chi ritiene che debba essere fatto un “piano per le periferie”, chiami a raccolta gli interessati e ci si metta all’opera? O vogliamo ancora aspettare? Intanto, il Seveso esonda, esonda, esonda … ed anche le Periferie stanno ingrossando. E’ proprio necessario aspettare che esondino?

Walter Cherubini, Consulta Periferie Milano www.periferiemilano.it