Per un nuovo sviluppo mondiale, attenti alla tecnologia

Un filosofo ed opinionista di un giornale milanese, in un articolo pubblicato in Agosto, ha affermato in termini molto sintetici che in un prossimo futuro si avrà una sempre maggiore deriva sia della politica che dell’economia, solo la tecnologia potrà far progredire e salvare il mondo.   Un pensiero che considero “debole” di improponibile sfiducia verso la società.   Ne è nata una interessante discussione con degli amici in quanto, a mio avviso, la tecnologia non è scevra da errori, inoltre essa è potere pertanto può essere gestito a favore o contro il bene comune.   Leggendo poi l’enciclica” Laudato Sì” con soddisfazione ho potuto approfondire questa problematica.   Viene constatato che negli ultimi due secoli lo sviluppo economico si pone come obiettivo la liberazione dalla fame e dalla povertà e il miglioramento delle condizioni di vita, ma senza considerare che le risorse della terra sono limitate, che gli ecosistemi non sono in grado di rigenerarsi all’infinito. C’è una forte corrente di pensiero dove  invece si afferma che l’attuale economia e tanto più la tecnologia risolveranno tutti i problemi ambientali. Nasce così una eccessiva fiducia nelle potenzialità della tecnica che porta a sottovalutare la complessità dei problemi e ad ignorare l’importanza dei collegamenti tra i diversi aspetti della realtà, collegata inoltre alla ricerca di risultati a breve e brevissimo termine per acquisire il massimo profitto economico immediato. Nell’enciclica si pone come esempio l’introduzione degli OGM (organismi geneticamente modificati) “se in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, si riscontrano significative difficoltà che non devono essere minimizzate”, infatti assistiamo al monopolio delle sementi nelle mani di pochi produttori, la concentrazione della proprietà terriera con l’espulsione dei piccoli produttori destinati a divenire lavoratori precari e salariati agricoli. In questo caso uno strumento di lotta alla fame e dalla povertà produce nuovi poveri e nuovi affamati.  Non si può voler produrre cibo ad ogni costo senza tener conto dell’impatto in termini di sostenibilità ambientale (conservazione degli ecosistemi) e sociale (condizioni di vita delle comunità contadine).   Si tratta di “ridefinire il progresso”, uno sviluppo capace di coniugare la preoccupazione per l’ambiente con quella delle dimensioni umane e sociali.   Intrecciare nel segno del bene comune una pluralità di dimensioni quali: ambiente, economia, società, cultura, vita quotidiana, solidarietà; e farle dialogare con tutte le forme del sapere dalla scienza alla filosofia, dalla religione all’etica e all’arte. Solo seguendo questo metodo e coinvolgendo tutte le parti interessate si potrà superare il dominio della tecnologia e dello sfruttamento economico.