SCOLA SALUTA MILANO

«Coltivate la speranza in questa città accogliente»

Di Annamaria Braccini
È un Duomo in cui si sente il cuore di una “Chiesa di popolo”, quella in cui migliaia di
persone salutano il cardinale Scola, dicendo “grazie” per i suoi sei anni di Ministero episcopale a Milano.
Tra le navate gremite, nella Solennità della Natività di Maria, il Cardinale presiede il
Pontificale. Accanto a lui, il suo successore, monsignor Mario Enrico Delpini e una ventina di Vescovi. Molte centinaia i sacerdoti concelebranti che non hanno voluto mancare, così come il sindaco di Milano Sala, il prefetto Lamorgese, il questore Cardona, il presidente del Consiglio Regionale Cattaneo e tante altre autorità civili e militari.
Un “grazie” che vorrebbe raggiungere ogni categoria, ma soprattutto «gli ammalati, i poveri, gli esclusi» e che Scola «nutre» per usare le sue parole, di due precisi contenuti. Anzitutto, la convinzione «che Chiesa milanese è ancora, nelle sue radici, una Chiesa di popolo. Certo non è più un albero rigoglioso di foglie e di frutti, e tuttavia le sue radici sono ben vive. E finché le radici sono vitali, l’albero può tornare florido». E, poi, il richiamo diretto proprio a Milano: «Ho avuto la fortuna di vivere il mio Ministero in un momento in cui, al di là delle contraddizioni, dei conflitti e dei problemi che ancora attanagliano la nostra metropoli, ho potuto vedere non pochi elementi di risveglio. Mi è impossibile tacere della Milano che mantiene la sua grande capacità di accoglienza, e che, al di là di comprensibili sacche di paura, si apre sempre più a chi è vittima delle diverse forme di esclusione, che ha sviluppato il gusto del confronto tra quanti praticano
diverse visioni del mondo. Fenomeni questi tanto più imponenti se si considera il processo di mescolamento in atto, in modo massiccio, anche sul nostro territorio»
Eppure, per il Cardinale, tutto questo non basta: «Qualche anno fa, dissi che a Milano mancava l’anima. Alcuni contestarono questa mia affermazione. In parte avevano ragione, altrimenti questa crescita della metropoli non si spiegherebbe».
La strada che ancora rimane è non dimenticarsi mai che “Dio è con noi” perché «non sempre sappiamo vedere l’enorme potenziale di speranza e di costruzione di vita buona che tale memoria contiene, non riuscendo a farla scoprire ai giovani.