SERATA SU MARTINI, UN CONTRIBUTO

“Sicuramente il Cardinal Martini avrebbe apprezzato di essere ricordato in un luogo laico, come appunto una biblioteca, un luogo cioè aperto a tutti, al di là delle appartenenze e differenze.”

 

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Questa è stata la prima osservazione di don Angelo Casati, intervenuto insieme a Silvia Morosi e Maria Grazia Guida, venerdì 21 febbraio presso la Biblioteca di via Valvassori Peroni per ricordare il Cardinal Martini a un anno circa dalla morte. Molti sono stati gli spunti, i ricordi, le emozioni che questa serata ha suscitato nei relatori e nelle persone che in grande numero (più di duecento) hanno partecipato a questa conversazione organizzata dall’associazione Amici di Dai Nostri Quartieri. In attesa della pubblicazione degli atti della serata, accenno ai principali temi emersi nel corso dell’incontro, come anteprima.

DON CASATI: “UOMINI E DONNE DEL CONFINE”
Don Angelo Casati, già parroco di San Giovanni in Laterano per 22 anni, come 22 sono stati gli anni che Martini ha trascorso a Milano, ha ricordato del cardinale innanzitutto il suo ingresso nella città, nel 1980, senza tante cerimonie, camminando in mezzo alla gente per strada, perché la strada è di tutti, non solo di alcuni, è luogo di incontro e di dialogo e poi si confaceva di più al suo stile schivo, sobrio. Don Angelo ha poi ricordato il desiderio del cardinal Martini, ma anche il suo impegno fattivo, nel cercare di capire la città, le sue ansie, spingendo tutti a impegnarsi in essa come ha anche scritto nella lettera pastorale “Va’ a Ninive, la grande città”. Ma il suo massimo impegno è stato profuso nel dialogo, nel voler farsi portavoce delle domande di tutti, come ha fatto istituendo la cattedra dei non credenti, perché nessuno di noi ha la verità, ma dobbiamo cercarla insieme. Per questo si è sempre sforzato di dar voce a tutti, specialmente agli ultimi, perché in essi si manifesta lo Spirito. A questo proposito Don Angelo Casati ha ricordato alcuni episodi della vita pubblica del Cardinal Martini quali ad esempio il viaggio in Kenya, durante il quale ha voluto che i suoi collaboratori gli riferissero soprattutto i discorsi dei vescovi meno noti e famosi. Infatti, altra caratteristica dello stile del cardinal Martini era la sua grande capacità di ascolto, non si poneva mai come un superiore che sa già tutto e che si impone agli altri, ma come un pari che si lascia interrogare dagli altri. Durante lo stesso viaggio in Kenya, prima di tenere gli esercizi spirituali a coloro che lo avevano invitato, ha chiesto di visitare alcuni villaggi. Al termine della visita ha deciso di non usare il materiale della cartellina già preparato in precedenza, ma ha voluto parlare partendo da ciò che aveva appena visto e conosciuto.

SILVIA MOROSI: “MARTINI PARLAVA DEI GIOVANI ENTRANDO IN RELAZIONE CON LORO”
Silvia Morosi, giovane studentessa della scuola di giornalismo di Walter Tobagi, ha ricordato il rapporto di Martini con i giovani. La sua attenzione per ciascuno, il suo interesse per ogni giovane. Diceva che i giovani dovrebbero essere più considerati e che a loro bisognerebbe dare i posti di responsabilità, specialmente ai più turbolenti perché sono quelli più in grado di cogliere i cambiamenti della società. Inoltre, il cardinale ha dato il mandato ai giovani di essere vere “sentinelle del mattino”, capaci di avvicinare i più lontani.
Anche nel suo rapporto coi giovani il cardinale non si poneva mai come l’autorità lontana, che ha solo da insegnare, ma come colui che voleva sapere, conoscere le persone e ascoltare le loro domande. Non aveva risposte da dare ma far emergere le domande e comunque voleva che i giovani sapessero che le risposte le potevano trovare nella lettura della Parola. I giovani, diceva il Cardinal Martini, sono naturalmente sentinelle del mattino, perché sono capaci più e prima degli adulti di intravedere la luce del giorno, dopo il buio della notte.

MARIA GRAZIA GUIDA: “DALLA CASA DELLA CARITA’ AGLI AMICI DELLA CASA…”
Maria Grazia Guida ha ricordato le motivazioni che hanno spinto Martini a fondare, insieme a don Virginio Colmegna e in accordo con il Comune di Milano, la Casa della Carità. Le motivazioni di questa intuizione il cardinale le ha espresse lui stesso nel discorso al Consiglio Comunale del 28 giugno 2002, unico vescovo, per ora, ad aver parlato in quella sede. Il Cardinale voleva garantire uno spazio nella città aperto al diverso, all’escluso, allo studio, al silenzio, a Dio, perché la città è “patrimonio dell’umano”, luogo di una identità che si ricostruisce continuamente a partire dal nuovo, dal diverso, e la sua natura incarna il coordinamento delle due tensioni che arricchiscono e rallegrano la vita dell’uomo: la fatica dell’apertura e la dolcezza del riconoscimento.
Si tratta di un’intuizione profetica anche perché, per la prima volta, è stato fatto un protocollo che garantisce, al di là delle singole persone, un accordo tra il sindaco e il Cardinale in carica che assicuri la continuità quest’opera, che infatti continua tuttora.


Infine, nello spazio dedicato al pubblico, sono emersi molti altri ricordi legati alla figura del Cardinal Martini: il suo impegno durante gli anni di piombo a Milano quando riuscì a convincere i terroristi a consegnare le armi e questi lo fecero a condizione di darle a lui personalmente.
Ma anche la sua vicinanza ai separati, il suo forte richiamo a tutti i membri della comunità parrocchiale affinché si impegnino in prima persona nella carità, senza delegarla ad altri. Infine, molti, a partire dai relatori, hanno sottolineato la grande somiglianza tra il Cardinal Martini e papa Francesco nel pensiero, nella sobrietà, nell’attenzione agli ultimi, agli esclusi, ai diversi.